Nel mondo di oggi, sempre più integrato, non è raro trovare parallelismi interessanti tra materie di ambito completamente differente.
E se da un lato il sentimento di difesa della tradizione sportiva cerca di resistere al neoromanticismo tecnologico, esiste un altro lato, sempre più radicato, dove tecnologia e sport convivono in maniera apparentemente simbiotica.
Il gaming sportivo affonda le sue radici a partire dagli anni ’90, quando la rivoluzione digitale cominciava a porre le basi per un nuovo mercato, a dir poco florido. Una sorta di appetizer di quello che sarà poi negli anni Duemila un successo straordinario.
Negli ultimi anni la nuova moda degli eSports ha assunto la fisionomia di fenomeno globale, grazie soprattutto alla diffusione della rete.
È prassi comune, oggigiorno, assistere a competizioni sportive virtuali tra utenti di qualunque angolo del mondo, con un abbattimento pressoché totale delle barriere geografiche.
E proprio grazie a questa multicanalità integrata che il mercato dello sport digitale sta prendendo la fisionomia di un’importantissima area di business.
Considerati come attività sportiva vera e propria, gli eSports contano oggi un giro d’affari miliardario. Per il 2019, infatti, gli analisti di Newzoo stimano una quota di mercato del settore pari a 1,1 miliardi di dollari, in crescita quasi del 27% rispetto ai dati dello scorso anno (in cui il fatturato globale si aggirava attorno a 868 milioni).
E in un mercato così profittevole, non potevano che essere coinvolti anche sponsor, pubblicità, merchandising e diritti televisivi. Secondo le stime di quest’anno, le sponsorizzazioni supereranno quota 450 milioni, con altri 250 milioni derivanti dai diritti televisivi. Se a tutto ciò associamo le attività accessorie di servizi pubblicitari e di vendita, e considerando anche le fees che le aziende di videogames intascano dalla loro attività, è presto detto come l’interesse verso questa disciplina stia assumendo una rilevanza sempre maggiore.
Ma c’è di più: negli ultimi anni i tornei di eSports hanno preso sempre più piede, con palazzetti gremiti di gamers in subbuglio, pronti a darsi battaglia tra loro. E così, nei templi sacri di sudore e battaglie, non è più utopia trovare il rumore di comandi da gioco sostituirsi al tifo da stadio. Una prospettiva triste da un punto di vista, ma altrettanto suggestiva dall’altra.
Perché sebbene nei primi anni Duemila il gaming veniva declassato ad attività da nerd incalliti, quest’oggi ricopre un’importanza particolarmente elevata. Chi di noi non ha mai giocato con una console o sul proprio computer?
E a ben dire tutto questo non può che essere solo l’inizio: nelle previsioni triennali condotte dagli esperti, nel 2022 il giro d’affari degli eSports potrebbe superare i 2 miliardi di dollari annui, con il Nord America e la Cina a fare da padroni in questa classifica.
E l’Italia?
Il nostro Paese, nel 2017, si è attestato in decima posizione per fatturato da gaming, con 1,2 milioni di utenti attivi e delle revenues di circa 130 milioni di dollari.
Il futuro del gaming sportivo sembra così ben delineato, con buona pace dei cultori dello sport tradizionale, quello fatto di sudore, fatica e traguardi.
Ma sebbene gli eSports siano oggi integrati nella quotidianità, ci sarà sempre posto per coloro che fanno dell’attività sportiva il loro grido di battaglia.
Perché per quanto entusiasmante possa essere confrontarsi con altre persone su delle piattaforme online, niente e nessuno potrà mai sostituire la passione verso le discipline sportive praticate sul campo. Quelle che da bambino fanno sognare, quelle che da ragazzo fanno appassionare, quelle che da adulto (e da tifoso) fanno esultare.
La chiave di tutto, come sempre, sta nell’equilibrio: non farsi sorprendere dalle novità, essere flessibili e aperti alle nuove esperienze. Un fil rouge che accomuna tutti gli appassionati e gli esperti del settore, sotto la spinta pulsante di un unico denominatore comune: lo sport, quello puro, quello che riesce ancora a farci emozionare.
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