Il nuovo logo è costituito da due elementi che mostrano il duplice aspetto della nostra associazione: il leone è uno dei simboli dell’Università Bocconi, mentre le forme circolari circostanti rappresentano i cerchi olimpici, che esprimono un collegamento diretto con l’ambito sportivo.

Sappiamo tutti che i cinque cerchi intrecciati rappresentano l’unione dei cinque continenti e l’incontro di atleti provenienti da tutto il mondo per partecipare ai Giochi Olimpici, ma pochi di noi saprebbero individuare il nome del designer e raccontare la storia che c’è dietro. Il concetto degli anelli può essere fatto risalire a Pierre de Coubertin, un aristocratico e intellettuale francese noto come il fondatore delle Olimpiadi moderne. Fu solo alla sesta Olimpiade che gli anelli divennero il logo ufficiale di questo evento multi-sportivo internazionale. Nel 1912 a Stoccolma, con il debutto del Giappone, la prima volta in cui una nazione asiatica partecipò, si svolse la prima Olimpiade con atleti provenienti da tutti e cinque i continenti abitati del mondo.
Secondo de Coubertin, i colori della bandiera olimpica rappresentavano quasi tutte le nazioni poiché questi colori erano presenti nelle bandiere della maggior parte dei Paesi (compreso il bianco, che è il colore di sfondo), e nessun anello è specificatamente associato a un particolare continente, sebbene le voci esistenti suggeriscano che il blu rappresenti l’Europa, il nero l’Africa, il rosso le Americhe (nord e sud), il giallo l’Asia e il verde l’Oceania.
Quattordici nazioni presero parte alle prime Olimpiadi moderne tenutesi ad Atene. I partecipanti erano tutti europei, o comunque vivevano in Europa, ad eccezione della squadra degli Stati Uniti. Il Cile si è affermato come il primo Paese latinoamericano a partecipare ai Giochi Olimpici inviando ad Atene il tredicenne Luis Subercaseaux. I suoi risultati non sono elencati nel report ufficiale, poichè quest’ultimo include tipicamente solo i vincitori della medaglia. L’Australia fu un altro Paese che vide partecipare un solo rappresentante nel 1896, vale a dire Edwin Flack. Fu mandato a Londra un anno prima per ricevere ulteriore formazione come contabile presso la società Price, Waterhouse & Co (ora la famosa PwC) e decise di prendere parte alle seguenti Olimpiadi dopo essersi unito al London Athletic Club. Durante i Giochi, Flack fu un campione incredibilmente popolare. Anche se ora è conosciuto per aver ottenuto la doppia medaglia d’oro, non c’erano medaglie d’oro in quei primi Giochi.
Le storie dei restanti due continenti potrebbero non suonare così piacevoli, dato che la maggior parte delle loro nazioni a quei tempi risentivano del colonialismo occidentale. Precedentemente al debutto del Giappone come prima nazione asiatica come menzionato precedentemente, Norman Pritchard, un atleta di etnia britannica, vinse due medaglie d’argento alle Olimpiadi di Parigi del 1900 per l’India, Paese in cui era nato. Successivamente diventò un attore teatrale affermato e in seguito si trasferì negli Stati Uniti per lavorare a Hollywood.
Il Sudafrica fu senza dubbio la prima nazione africana a partecipare alle Olimpiadi, tuttavia i primi africani a partecipare alle Olimpiadi moderne non furono atleti eccezionali come Abebe Bikila dell’Etiopia, che vinse la maratona olimpica del 1960 a Roma, diventando il primo africano nero a vincere un oro olimpico. I primi atleti sudafricani erano infatti soldati temprati dalla battaglia, guidati da uno scout canadese che aveva prestato servizio con gli inglesi durante la guerra boera, inclusi due uomini tswana, Len Taunyane e Jan Mashiane, che furono i primi africani neri a partecipare alle Olimpiadi, e i soli neri a rappresentare il Sud Africa alle Olimpiadi fino alla fine dell’apartheid. La maratona del 1904 fu un evento informale, corsa su un percorso inadatto e su strade così polverose da far cedere molti degli atleti. Taunyane concluse al nono posto su 32 partecipanti e 14 atleti che terminarono il percorso. Questa fu una delusione, poiché molti osservatori erano sicuri che Taunyane avrebbe potuto fare di meglio se non fosse stato inseguito per quasi un miglio fuori rotta da cani aggressivi. Il suo connazionale Mashiani concluse la maratona al tredicesimo posto.