Newsletter – 26 Febbraio 2023

Football o soccer: quale è il più grande?

Lo scorso 12 febbraio negli Stati Uniti è stata disputata la finale del campionato della National Football League, meglio nota come NFL, tra i Philadelphia Eagles, campioni dell’NFC, ed i Kansas City Chiefs, campioni dell’AFC, i quali hanno raggiunto la vittoria finale, conquistando il loro terzo Super Bowl all time.

Come ogni anno l’attesa era enorme, anche perché il Super Bowl non si presenta come un semplice evento sportivo, ma piuttosto un mix di show di vario genere. Questo spiega sia l’enorme clamore mediatico che ogni anno suscita, sia la popolarità dell’evento al di fuori degli Stati Uniti, anche in paesi come il nostro dove il numero di fan del football americano è sicuramente minore. Questo spesso porta molti, addetti ai lavori e non, ad affermare che il football americano sia un business più grande del calcio europeo (e mondiale in generale). L’interrogativo è sicuramente complesso, per questo l’obbiettivo di questo articolo non è fornire una risposta alla domanda, ma offrire uno spunto di riflessione sul tema che sia basato su solidi dati.

Per fare ciò vorrei partire da un primo confronto, tra il Super Bowl del 2023 e la finale del Mondiale disputatasi in Qatar lo scorso 18 dicembre. Prima di procedere a fornire dei dati, pare però opportuno sottolineare una tra le tante differenze tra i due eventi: mentre il Super Bowl ha cadenza annuale, la finale di un mondiale viene disputata ogni 4 anni. È un fatto però che a livello di spettatori non vi sia nemmeno lontanamente confronto: secondo i dati Fifa, per la finale del mondiale qatariota, gli spettatori collegati in tv erano 1.5 miliardi (cifra che ha frantumato ogni precedente record), mentre il Super Bowl quest’anno ha registrato il comunque rispettabile numero di circa 113 milioni di spettatori.

Operando un confronto non più basato sul singolo evento, ma che utilizzi come termine di paragone l’intera stagione di NFL, si può analizzare l’altro lato della medaglia, quello degli introiti generati e dei diritti tv, che vede però il predominio assoluto della competizione americana. Si stima che la Fifa abbia generato con il mondiale del 2022 entrate per 7.5 miliardi di dollari, ma la NFL produce circa 17 miliardi di dollari ogni singola stagione. A questo risultato contribuiscono appunto i diritti tv: infatti, come riporta il Sole24Ore, la lega di football americano Nfl ha firmato nuovi accordi sui diritti tv con Cbs, Nbc, Fox, Espn e Amazon per un valore complessivo di 110 miliardi di dollari, quasi raddoppiando i precedenti contratti. Gli accordi entreranno in vigore nel 2023. Il confronto con i numeri del calcio mondiale, europeo e italiano è impietoso. Per quanto riguarda l’ultimo mondiale, la RAI in Italia si è aggiudicata i diritti tv per una cifra che, secondo le indiscrezioni (via Calcio e finanza), si aggirerebbe tra i 150 ed i 160 milioni di euro. Rimanendo all’interno del mercato italiano, la Serie A vale 840 milioni a stagione e 2.5 miliardi di euro in tutto per 7 partite a giornata in esclusiva su tutte le piattaforme Dazn. Mentre la Champions League, che abbraccia 5 mercati (Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Italia) nel triennio 2018-2021 ha assicurato alla Uefa entrate per 1.5 miliardi di euro. I numeri Europei sono lontani anche da un altro mostro sacro dei business sportivi americani e mondiali, l’NBA, che, sempre secondo il Sole24Ore, incassa 8 miliardi di dollari all’anno di diritti tv.

Oltre ai ricavi dai diritti tv, le franchigie che prendono parte alla NFL possono contare su ingenti introiti legati al botteghino (con una media di oltre 60mila spettatori), dal merchandising e dalle sponsorizzazioni. Queste ultime sono in costante crescita, presentandosi però non tanto nella forma di partnership con i singoli club, incentrandosi piuttosto complessivamente sulla lega e sul campionato. Confrontando la totalità degli introiti generati, i top 5 campionati europei, Premier League, La Liga, Bundesliga, Serie A e Ligue1, ogni anno generebbero collettivamente meno entrate della sola NFL, nonostante molte più persone seguano le partite di questi campionati. Osservando questi dati, si nota un contrasto stridente tra bacino di fan e spettatori ed introiti complessivi generati: così si può forse comprendere come una delle ragioni all’origine del progetto della Superlega si celasse proprio dietro di essi.

di Bianchini Rodolfo

Forest green rovers: quando calcio e sostenibilità si uniscono

In Inghilterra esiste una squadra di calcio a Nailsworth, nella contea di Gloucestershire, che possiede una storia affascinante: il Forest Green Rovers, squadra di calcio inglese che sta facendo la differenza nel mondo dello sport, adottando un approccio sostenibile a 360°. La squadra, fondata nel 1889, è nota per la sua politica di sostenibilità ambientale, che ha portato a una serie di iniziative innovative che stanno attirando l’attenzione in tutto il mondo. 

Tutto ciò a partire dal 2011 quando la società, afflitta da problemi economici, viene rilevata dall’imprenditore Dale Vince. Egli è un imprenditore nel campo delle energie green, fondatore e presidente della Ecotricity, dove tutti i profitti generati dall’azienda vengono investiti in nuovi progetti per creare forme sempre più all’avanguardia di energia sostenibile.

Vince ha preso subito importanti decisioni per imprimere la svolta ecologica alla sua squadra: ha fatto installare dei pannelli fotovoltaici sulle tribune; il manto del terreno di gioco è stato sostituito con erba al 100% organica, regolata da un robot taglia-erba che sfrutta l’energia prodotta dai pannelli solari per il suo movimento e innaffiata tramite un sistema ecologico di raccolta dell’acqua piovana; ha bandito i combustibili fossili ed acquistato auto e van elettrici, rendendo inoltre disponibili nel parcheggio dello stadio varie colonnine per la ricarica gratuita delle auto elettriche, al servizio di tifoseria e comunità; i giocatori della squadra indossano divise interamente realizzate con un tessuto ricavato da fondi di caffè e plastica riciclata. Tutte queste novità sono valse al Forest Green la vittoria del premio Institute of Groundmanship per la categoria “Sostenibilità e Ambiente”.

È stata cambiata radicalmente la dieta dei calciatori in una di tipo vegano: i tesserati vengono educati a seguire un regime alimentare che abbatta al minimo possibile l’impatto ambientale. Per questa scelta, il Forest Green Rovers ha ottenuto l’approvazione e la collaborazione della Vegan Society, la più antica associazione vegana al mondo, che fornisce piani di educazione alimentare ed ambientale. Anche la tifoseria è stata coinvolta in tale progetto: infatti, all’esterno dello stadio sono apparsi i primi chioschi di cibo vegano, dove il personale educa e sensibilizza i sostenitori della squadra a scelte alimentari più sostenibili per il pianeta. 

Nel 2018, la squadra è stata nominata dallo United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) come la squadra di calcio più sostenibile al mondo. Nello stesso anno è diventato il primo club calcistico al mondo ad ottenere la certificazione di “Carbon Neutrality”, ovvero il bilanciamento tra emissioni prodotte ed emissioni riassorbite, secondo quanto stabilito dai protocolli delle Nazioni Unite.

Sembra che tale modello indichi anche una strada vincente sul campo: in pochi anni il club neroverde è diventata una delle compagini più forti delle serie minori inglesi, con il debutto in questa stagione nella League One, terza serie inglese, per la prima volta nella sua storia.

Il prossimo passo è la costruzione di uno stadio da 5.000 posti a sedere costruito interamente in legno. Sarà il fulcro di un centro sportivo chiamato Eco Park, composto da molte altre strutture sportive, uffici e studi scientifici. La scelta del legno come materiale per la costruzione del nuovo stadio è la perfetta sintesi della filosofia ecologica sposata dal board dei Rovers. In più, il legname utilizzato per la costruzione dell’Eco Park deriverà da colture che rispettano i tempi di rigenerazione degli alberi.

Insomma, vedere come una società calcistica, pur giocando nelle serie minori, sia guidata da un percorso così virtuoso fa pensare che altri club potrebbero, se non dovrebbero, prendere ispirazione per rendere il mondo del calcio sempre più sostenibile.                        

                                                                                                                                            di Marco Munari

Il Napoli di De Laurentis: un modello che da speranza nel calcio ormai dominato dal denaro

Il Napoli sembra essere una macchina perfetta. Con una sola sconfitta in campionato e un netto + 15 sull’ Inter seconda in classifica, la squadra di Spalletti è lanciata verso lo storico scudetto che manca dai tempi di Maradona. Situazione impensabile dopo la turbolenta estate vissuta dal presidente De Laurentis: Il Napoli non aveva solo scaricato il suo storico capitano Insigne e l’uomo simbolo Mertens (non rinnovato nonostante la manifesta disponibilità del calciatore), ma aveva anche venduto Koulibaly e Fabian Ruiz, entrambi in scadenza e sacrificati a cifre non troppo elevate per non perderli a zero. Insomma, praticamente l’intera spina dorsale della squadra era stata smantellata. Proprio quest’estate però De Laurentis ha dato ancora una volta dimostrazione della sua linea e gestione della società: con alla base un progetto solido rappresentato dalle idee del mister Luciano Spalletti, Giuntoli (il ds del Napoli) ha inserito in squadra giocatori giovani, sconosciuti ai tifosi che invece inneggiavano più acquisti da copertina: Kvaratskhelia e Kim su tutti.

La caratteristica che accomuna maggiormente tutti i giocatori che compongono la rosa del Napoli è l’esponenziale crescita che hanno avuto negli ultimi anni: essi, infatti, sono tutti giocatori costruiti e migliorati da Spalletti, dimostrando ancora che idee e lavoro sul campo possono ancora vincere su soldi e la formazione di una squadra composta da figurine. Osihmen, Kvara, Di Lorenzo, Lobotka, Kim e molti altri ne sono un esempio.

Il modello Napoli è quindi l’esempio di un calcio sostenibile; nel calcio di oggi sembra essere diventato quasi impossibile coniugare le grandi prestazioni sportive con i conti in ordine: tutte le grandi squadre hanno problemi da questo punto di vista, mentre il Napoli ha dimostrato che con un direttore sportivo capace sul mercato, un bravo allenatore in panchina, e il giusto mix di giovani, esperti, investimenti e cessioni, si può ancora fare un calcio sostenibile.

di Dapavo Andrea

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